Oggi sono tornata, per la seconda volta, a visitare la Tomba dei Giganti di Is Concias, in Sardegna. Ci ero già stata ad aprile, e mi erano state date solo poche indicazioni per arrivarci, che erano state d’aiuto per trovare il luogo in cui vivevano i nostri progenitori nel Neolitico, in un sito nuragico datato dal XIV° al XIII° Avanti Cristo.

Ero rimasta sorpresa, allora, dalla mancanza di indicazioni precise sulla strada, a cui in parte sopperiscono alcune scritte a mano con vernice, e qualche freccia tracciata su un palo nei vari bivi da superare. Dopo essere tornata dalla mia prima visita, intensa e piena sensazioni, le amiche di Cagliari mi avevano chiesto: “Lo hai visto l’albero?”, domanda alla quale avevo risposto, ingenuamente: “Quale albero? Non mi avete detto niente!”. Ho poi saputo che, sempre nello stesso complesso nuragico, vi è un grande albero dai lunghi e folti rami, in uno spiazzo in cui, spesso, le persone si fermano a meditare.

Il mio tornare qui, in Terra Sacra, come mi piace definire la Sardegna, è dovuto soprattutto ad una “chiamata” molto forte che mi arriva da questa isola, e dal suo essere stata, nella preistoria, uno dei luoghi in cui il culto della Dea Madre è stato più sentito, come testimoniano le statue che la rappresentano rinvenute in molti siti archeologici.

E così, oggi, ho deciso di andare alla ricerca dell’albero che, nella prima visita, non avevo trovato. Ritornare in un luogo in cui si è già stati, a distanza di tempo, solitamente suscita sensazioni e riflessioni diverse, ed ero curiosa di sapere cosa sarebbe accaduto.

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Sono stata subito colpita dalla vegetazione che, a causa di questa lunga estate calda e dalla siccità, era molto arida e quasi bruciata dal sole. Per arrivare alla Tomba dei Giganti bisogna, infatti, salire e scendere, per almeno cinque chilometri, su una serie di colline, che sono quasi del tutto deserte. Mentre percorrevo questo tratto brullo, ho iniziato a pensare che questi luoghi sacri sono molto spesso, volutamente, inaccessibili e nascosti; in questo caso anche stranamente poco indicati sul territorio. Mi è venuto in mente il mio viaggio in Perù e la città sacra di Macchu Picchu, rimasta inviolata e sconosciuta per secoli agli invasori spagnoli, proprio perché molto ben nascosta dalla vegetazione.

Allo stesso modo, mi sono detta, anche la conoscenza di alcune cose è volutamente tenuta nascosta alla massa, come diverse scuole esoteriche hanno fatto per secoli. E, nello stesso tempo, essere venuta a sapere dell’esistenza dell’albero, e della sua energia particolare, mi ha indotta a decidere, appena avessi potuto, ad andare a cercarlo. Nella vita accade spesso la stessa cosa: qualcuno ci parla di qualcosa di “strano” e sconosciuto e ci racconta di averne avuto beneficio e, magari dopo anni, sentendo il bisogno di qualcosa che ci aiuti,  andiamo alla sua ricerca, per vedere se può dare beneficio anche a noi. Anche in questo caso non ci sono indicazioni precise e, come per la mia prima visita, decine di volte ho proseguito sulla strada per chilometri, senza neppure sapere se stavo andando nella direzione giusta, e dove sarei arrivata. Eppure la spinta della “ricerca” ci porta, quasi sempre, su un territorio nuovo ed inesplorato, che si rivela davvero benefico e speciale per noi.

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Mentre proseguivo spedita, questa volta sicura d’essere sulla strada giusta, mi sono resa conto d’un tratto che ero vicina al punto d’arrivo, perché la vegetazione è diventata, all’improvviso, di un verde scintillante e gli alberi alti e frondosi, fitti, lucenti e mossi dal vento. Come per magia mi sono resa conto di essere entrata in una vera e propria “valle dell’Eden”, perché la flora era completamente diversa da quella che avevo visto nella valle precedente. All’improvviso sono stata colpita dalla saggezza e dalla conoscenza dei nostri antenati, che avevano deciso di insediarsi proprio qui, immersi in questa folta e fitta vegetazione, nutrita da sorgenti d’acqua che arrivano da chissà dove.

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E le mie intuizioni hanno trovato conferma quando, superato di un centinaio di metri l’ingresso del sito per girare la macchina e parcheggiare, ho visto un cartello indicante la località “San Pietro Paradiso”! Qualcun altro oltre a me, dunque, si è resto conto che questo luogo è un piccolo paradiso!

Nelle poche istruzioni che mi erano state date mi era stato detto di andare oltre l’ingresso e che, sulla strada, avrei trovato un buco nella rete di recinzione, che mi avrebbe portata direttamente all’albero. Sono quindi scesa dal primo tratto di sentiero che sembrava aprirsi nel filo spinato ma, dopo aver girovagato per un po’ tra rovi e spini, mi sono ritrovata al punto di prima. Ho fatto un altro tentativo più avanti, sempre con lo stesso risultato. Ero decisa a trovare l’albero “della conoscenza” (ormai lo definivo così) e quindi – essendo completamente sola – ho chiesto aiuto, ad alta voce, ai miei Spiriti Guida, ed infatti, poco dopo, alla fine di un sentierino nascosto, ho visto aprirsi davanti a me un grande spiazzo, con al centro il “mio” splendido e gigantesco albero.

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Mi sono avvicinata lentamente, passando sotto le sue lunghe e possenti braccia, per andare a toccare il tronco centrale ed osservarlo da vicino. Gli sono girata attorno diverse volte, guardando le fessure, gli squarci e le ferite del tronco, immaginando quante cose dovevano essergli accadute nei secoli, perché non ho dubbi sulla sua antichità. Qualche pietra sparsa qui e là nel grande spiazzo formato dai suoi rami mi ha fatto quasi “sentire” la presenza di una piccola comunità che si radunava sedendo in cerchio in questo luogo magico.

la conoscenza a cui tornareOsservare i suoi rami è stato quasi come guardare alla storia ed all’evoluzione della Natura nei secoli; vi ho riconosciuto il volto dell’orso, dell’elefante, degli uccelli rapaci, dei serpenti striscianti; ho visto occhi tristi e cuori pieni di promesse e di gioie, ed ho riconosciuto più esseri viventi avvinghiati l’un l’altro a formare l’unione straordinaria del tronco.

I rami possenti sono a volte spezzati, a volte intrecciati o, come quello che più mi ha colpito, si sostengono l’un l’altro nella crescita. Sedendo per terra sapevo di essere seduta sulle sue enormi e straordinariamente estese radici, e mi è venuta alla mente la storica frase: “Siamo seduti sulle spalle dei giganti.”

la conoscenza a cui tornare

la conoscenza a cui tornare

Forse non abbiamo mai pensato, finora, che i “giganti” potessero essere i nostri progenitori; non uomini di scienza e di sapienza, ma umili pastori o donne ed uomini che vivevano in pace, in piccole comunità, sostenendosi a vicenda e aiutandosi nelle diverse fasi della Vita. Quanta saggezza e conoscenza dovevano avere, per nutrirsi delle bacche e delle gemme, per riconoscere le erbe medicamentose, per rispettarsi anziché combattersi, per condividere anziché appropriarsi di tutto il possibile, per creare con le proprie mani tutti gli utensili e le suppellettili e gli abiti per ripararsi dal freddo? Quanto rispetto per questa Natura incontaminata, per questo Albero della Conoscenza ancora intatto nei secoli? Quanta accettazione dei cicli vitali, della vecchiaia e della morte, anziché la presunzione d’essere onnipotente ed immortale? Quanto ricordo nella conservazione delle tombe degli antenati, a cui si doveva onore e cura?

La conoscenza è disponibile, per chi ha la voglia di cercarla, ed è disposto a perdersi per trovarla. Il paradiso è possibile, è ancora qui, sotto i nostri occhi, per chi riesce a vederlo, per chi non lo cerca in luoghi pieni di grattacieli luminosi e di forzieri luccicanti di monete.

La spaccatura tra chi cerca la gloria e la ricchezza ed è disposto a fare del male al suo prossimo per ottenerla, e chi guarda alla meravigliosa bellezza della Natura e delle piccole cose, e gode di ogni attimo di Vita che riceve in dono, è sempre più grande.

Il divario tra bene e male, tra ricchi e poveri, tra chi vuole essere libero di vivere la Vita che desidera e chi si rende schiavo del potere è in crescita costante.

Eppure basta percorrere qualche strada poco battuta e poco conosciuta per ritrovare il paradiso perduto, e scoprire che, di tutto questo tempo di straordinaria evoluzione, forse resterà solo un grandissimo albero prulicentenario ad intrecciare, nei suoi rami, le grandi o piccole storie di un’umanità che si è smarrita, e che, forse, sopravviverà in piccoli gruppi, in piccole comunità, che si siederanno in cerchio sotto ai suoi rami.

N.B.: La Dea Madre non manca mai di utilizzare il “mio canale” per diffondere conoscenza e, mentre ero ancora al sito di Is Concias, ho visto questo articolo che, guarda caso, si riferisce alle donne del Neolitico! Niente per caso!

Nel Neolitico erano le donne la chiave della conoscenza

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